Curiosità sulla storia dell'alimentazione
Quando è nata la cucina? Massimo Montanari - docente ordinario di Storia medievale presso l'Università di Bologna, dove insegna anche Storia dell'alimentazione - risponde a questa domanda affermando che la cucina nasce con l’uomo o, forse, è il contrario: è l’uomo che nasce con la cucina.
La cucina utilizza uno strumento indispensabile che è il fuoco. E in tutta la storia della cultura umana e, anche, nella mitologia antica - basti pensare al Mito di Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini - l’uomo che conquista l’uso del fuoco diventa finalmente padrone della natura. Tra i vari usi che si fa del fuoco c’è anche quello di cucinare i cibi, questo è il momento in cui l’uomo abbandona lo stato ferino, differenziandosi dagli altri animali, giacché nessun altro animale cucina il proprio cibo. Quindi, in questo senso, la cucina nasce con l’uomo e l’uomo nasce con la cucina.
La cucina diventa presto un’attività fortemente legata al fattore culturale, quando con la nascita dell’agricoltura e della pastorizia, l’uomo impara a “costruire” il proprio cibo, ed è proprio allora che il cibo assume anche una funzione simbolica.
Il pane, con il complesso processo tecnologico che serve per farlo (dalla semina del grano alla raccolta, dalla farina all’impasto, dalla cottura alla conservazione), diventa il simbolo dell’uomo civile, ad esempio nei poemi omerici l’espressione “mangiatori di pane” è sinonimo di “uomini”, mentre nell’epopea di Gilgamesh, l’eroe Enkidu si affranca dal suo stato primitivo e selvaggio solo quando apprende dell’esistenza del pane.
Insieme al pane, il vino, l’olio e altri prodotti diventano veri e propri simboli di specifiche civiltà. Quella del Mediterraneo è la civiltà del grano e quindi del pane, così come quelle asiatiche sono civiltà del riso, quelle africane civiltà del sorgo o del miglio e quelle del continente americano legate indissolubilmente al consumo di mais.
Il mangiare, ben presto, passa dall’essere un mero gesto meccanico, all’assumere specifiche funzioni culturali, filosofiche, religiose ed economiche, attraverso cui si esprime la complessità sociale di una determinata civiltà, così come, ad esempio, la scelta del cibo è spesso legata a determinati tabù, così come l’occupare una determinata postazione a tavola e l’avere un pezzo particolare dell’animale cucinato dipendono dal ruolo sociale che si ricopre.
Il cibo diventa anche oggetto identitario, attraverso il consumo del quale ci si riconosce come appartenente ad un certo gruppo o popolo.
Se nel Mediterraneo antico e multietnico dominato da Roma l’olio, il vino e il pane erano gli alimenti identitari della cultura latina, nel Medioevo, in cui nasce il concetto di Europa, inteso come fusione tra la cultura romana e quella delle popolazioni germaniche, composte da tribù, in parte nomadi, che traevano il loro sostentamento dalla foresta e dall’allevamento di bestiame lasciato allo stato brado, è la carne a diventare l’alimento centrale.
La selvaggina assume una valenza culturale e simbolica, nella mitologia di questi popoli si racconta, ad esempio, di un enorme maiale che nel paradiso dei giusti nutre le schiere degli eroi morti in battaglia. La commistione di queste due culture darà vita nell’Alto Medioevo ai regni romano-barbarici e contribuirà alla definizione della dieta che ancora oggi conosciamo: accanto ai prodotti della terra, pane, olio e vino, viene introdotto il consumo della carne.
Il Cristianesimo, trasformando gli alimenti romano-mediterranei in propri simboli rituali (il pane e il vino vengono inglobati all’interno della liturgia, mentre l’olio assume una funzione centrale nella somministrazione dei sacramenti), agevolerà la fusione dei due modelli alimentari: quello romano e quello germanico.
Inoltre, a partire dal V secolo d.C, il Cristianesimo imporrà attraverso il calendario liturgico, alcune norme alimentari, come l’alternanza dei giorni di magro e di grasso: quaresime in cui era vietato il consumo di carne, e carnevali in cui il consumo di carne assumeva, invece, un ruolo centrale. In questo modo, la normativa liturgica incise profondamente sull’unificazione delle usanze alimentari dei popoli mediterranei con quelli nordici all’interno della società del Medioevo europeo.
Un ulteriore fattore che incise profondamente sulla definizione della cultura alimentare europea fu la conquista islamica a cavallo del VIII e il IX secolo, che dalla sponda mediterranea del Nordafrica si spinse fin sul continente europeo con la conquista della Spagna meridionale e della Sicilia.
In questa fase storica si crea una frattura all’interno del Mediterraneo, che da “lago interno”, così com’era considerato fino ad allora, diventa un mare di confine in cui si confrontano due civiltà diverse anche dal punto di vista alimentare. Se il pane e il vino erano alimenti sacrali all’interno del mondo cristiano, l’Islam aveva dichiarato illecito il consumo degli alcolici e, quindi, del vino. A causa di ciò la coltivazione della vite arretra in tutti i territori sotto dominazione araba; così come il consumo di pane, elemento sicuramente presente nella cultura alimentare islamica ma non centrale, lascia il posto al consumo di focacce, paste e cous cous. Un altro elemento di rottura è rappresentato dal consumo di carne di maiale, elemento distintivo della cultura alimentare europea di derivazione germanica, che dall’Islam viene proibito, in quanto considerato animale impuro.
Questa contrapposizione dell’Europa cristiana del pane, dell’olio, del vino e del maiale, rispetto ad un mondo non cristiano, in cui alcuni di questi alimenti sono esclusi o non hanno la stessa importanza, provoca un dislocamento geografico della produzione e del consumo di questi alimenti.
Il pane e il vino che erano nati sulle sponde del mediterraneo, diventano alimenti prettamente continentali. Ancora oggi parlando di vino, si pensa alle grandi coltivazioni tedesche, francesi o italiane, e non alle aree del Medio Oriente dove questa coltivazione è sorta.
Allo stesso modo, l’Islam porta all’interno dell’Europa tradizioni alimentari nuove o che si erano perse nel corso dei secoli: gli agrumi, già in parte conosciuti dal mondo romano, in particolare: il melangolo, il limone, la lumia.
Fa conoscere lo zucchero, con l’introduzione in Spagna e in Sicilia della coltivazione della canna da zucchero; le melanzane, i carciofi e gli spinaci e le relative tecniche di irrigazione, senza le quali sarebbe stata impossibile la loro produzione. E poi, introduce il riso e, soprattutto, la pasta, che diventerà un alimento distintivo dell’Europa e dell’Italia.
La pasta è un manufatto antico che già i romani conoscevano, ma è grazie agli arabi che iniziano a definirsi gli elementi costitutivi di questo alimento, caratterizzato da una molteplicità di forme rispetto alla lasagna romana e da usi gastronomici codificati.
In particolare, gli arabi introdussero in Sicilia la pratica dell’essicazione, che permise la commercializzazione della pasta, e il consumo delle paste lunghe, ad esempio i vermicelli o gli spaghetti. Inoltre, la commistione tra la tradizione delle torte ripiene e la pasta, dà origine a una nuova famiglia alimentare, quella delle paste farcite, composta dai ravioli, o dai tortelli.
La Sicilia islamica sarà il centro propulsore di queste innovazioni alimentari che passando dall’Italia conquisteranno l’Europa.
Continua…
A. Vincenti
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